Cose da non fare al casinò
Al casinò ci sono cose da fare e cose da non fare. Alcune sono solamente questioni di decoro, altre hanno a che fare con le regole specifiche del gioco particolare che si sta affrontando. E penso che il primo concetto chiave sia sempre lo stesso: “non essere offensivi”.

Ok, questa parte è semplice. Bisogna seguire le regole del gioco a cui si gioca e alcune di queste regole sono molto stringenti. Non si possono toccare le carte in una partita di blackjack in cui le carte sono a faccia in su. Non si possono lasciare le mani sul tavolo da craps dove i dadi possono colpirle. Quando si lanciano i dadi, entrambi devono colpire il bordo. Delle regole davvero molto, molto semplici.

Stabilire quello che si può dire, il modo in cui parlare e chi si può prendere in giro è un po’ più complicato. La persona con cui lamentarsi, o, più in generale, se è lecito davvero lamentarsi, è una questione ancora più sfumata. I giocatori hanno la tendenza a mettere il muso se hanno perso parecchio durante una sessione, quindi immagino che non sia assolutamente rilevante.

Di solito al tavolo da gioco io sono cordiale, saluto gli altri giocatori quando entro in una partita o quando qualcuno entra in una partita in cui sto già giocando e se vedo che gli altri sono fortunati a volte festeggio, di cuore, con loro. E perchè non dovrei, la fortuna è fortuna e poi ai giocatori piace essere applauditi, no?

Lascio una mancia ai mazzieri, sia che stia vincendo o che stia perdendo. Cerco di rendere il gioco semplice, sia per me che per loro.

Ma in oltre 40 anni passati davanti ai giochi del casinò, ho visto i giocatori fare e dire cose tremende. Continuate con me la lettura di questo contenuto originale e vi racconto un paio di situazioni del genere.

Oh, per favore, fai silenzio
Se siete al tavolo da blackjack, non dovete menzionare il conteggio delle carte, o comportarvi come se ne sapeste qualcosa. Si tratta di un argomento che dovrebbe essere, e che di solito è, assolutamente tabù.

Il conteggio delle carte è uno dei modi in cui i giocatori possono ottenere un vantaggio sul banco blackjack, che è il gioco da tavolo più popolare nei casinò. I casinò sono chiaramente consapevoli di questo aspetto e controllano con attenzione le partite per assicurarsi che nessuno stia davvero contando le carte.

Se un giocatore viene beccato mentre conta le carte, gli verrà richiesto di smettere di giocare o gli viene intimato di lasciare il casinò, oppure viene del tutto bandito o dichiarato ospite indesiderato, il che significa che il giocatore non può tornare in quel casinò se non vuole essere arrestato.

Un giocatore bravo e ricco corre rischi maggiori se conta le carte, mentre chi gioca per cifre basse viene considerato una pulce che deve essere schiacciata, perchè più ci sono giocatori che provano a fregare il banco, più il banco colpisce duro. Questa è una legge di natura e anche dei casinò.

La maggior parte dei giocatori di blackjack sa contare le carte? No, ma alcuni ci provano. Ma non è un’abilità semplice da imparare.

Eppure con migliaia di giocatori che affollano i casinò ogni giorno, può succedere che alcuni di quei giocatori quel giorno stiano cercando di provare a contare le carte.

La mia storia nel blackjack
Questa storia è accaduta poco prima della pandemia in un casinò di lusso a Las Vegas. Volevo entrare in una partita e mi sono avvicinato al tavolo.

Ops, qualcuno stava discutendo, proprio in quel momento.

E la discussione era molto strana.

Ha certamente attirato la mia attenzione, quindi non sono entrato nella partita e sono rimasto ad ascoltare.

“Vedi, quando sono usciti tutti o quasi tutti gli assi non ci saranno molti blackjack e i blackjack sì che sono favorevoli al giocatore”.

Il tizio che parlava era alto, grasso e sembrava un po’ brillo. O forse molto brillo. Stava dando lezione di conteggio delle carte a un tavolo da blackjack, peraltro nella lussuosa sala per gli high-roller.

“Signore”, gli ha detto il responsabile, “sa, preferiamo che non si parli di conteggio delle carte”. Il responsabile provava a sorridere, il tizio stava giocando due mani alla volta e stava puntando davvero un sacco di soldi.

“Non sto contando le carte, sto solo parlando di contare le carte. C’è una regola che impedisce di parlarne?”. C’erano altre due persone al tavolo, che sorridevano. Non penso che volessero ascoltare una lezione sul conteggio delle carte, ma erano molto educati. Del resto ero nella stanza degli high-roller in un casinò dove si gioca parecchio.

“Quando vengono fuori le carte basse, quelle sotto il sette, è buono per il giocatore perchè ci sono più carte alte ancora da giocare. Quindi, se il conteggio va a favore del giocatore, bisogna puntare di più. Questa è la teoria di base del conteggio delle carte, un buon conteggio va a favore dei giocatori e un cattivo conteggio va a favore del casinò”.

A quel punto è arrivato il pit boss. “Ribadiamo che preferiamo che qui non si parli di questa cosa, è una nostra regola”.

Il Signor Chiacchierone ha risposto “ho appena perso tantissimo al tavolo da craps, non posso parlare con queste due persone? Non sto facendo del male a nessuno, no?”.

Il pit boss però ha preso una decisione. “Preferiremmo che non lo facesse. Il conteggio delle carte qui non è visto con favore”. Il pit boss si è fatto una risata, ma il Signor Chiacchierone ha continuato. A che punto gli avrebbero chiesto di andarsene? Glielo avrebbero davvero chiesto? Era uno di quelli che punta parecchio.

“Lo so che si può battere il banco contando le carte. Ecco, l’ho detto, contando le carte. Ma la maggior parte dei giocatori non è in grado di farlo, i casinò non devono preoccuparsene. Ma vedete quanto hanno paura”, ha detto prendendo sotto braccio sia il pit boss che il responsabile. Ma nessuno dei due stava sorridendo.

“Signore”, gli ha detto il pit boss, “magari vuole tornare a giocare a craps? Magari potrebbe essere più fortunato”.

“Non volete farmi giocare a blackjack?”, ha chiesto il Signor Chiacchierone.

“Forse sì, ma non deve parlare di conteggio delle carte, okay?”. Il pit boss sembrava molto risoluto. Il che mi ha fatto capire due cose: il signore non era un cliente fisso e il casinò avrebbe seguito la strada (almeno credo) che l’avrebbe portato a non poter giocare, a meno di non seguire gli ordini.

“Beh”, ha detto il Signor Chiacchierone, “capisco quando non sono il benvenuto”. Si è preso le sue fiches (facendone cadere qualcuna, che ho prontamente raccolto per lui e restituito) e se n’è andato. Penso che se ne sia andato del tutto dal casinò. Ma il conteggio delle carte, anche solo a parole, è un pessimo argomento da affrontare in un casinò.

Comunque è l’unica persona che io abbia mai sentito parlare di conteggio delle carte al tavolo da blackjack. E gioco da oltre 40 anni.

La maggior parte dei giocatori di blackjack sanno come funziona il conteggio delle carte, ma, seguendo le regole non scritte blackjack, non ne parla quando sta giocando.

Craps: non pronunciare la parola “sette”
Anche il craps ha alcune regole non scritte. Non bisogna mai dire la parola “sette”, perchè farà uscire il sette e, così, farà terminare la possibilità per tutti di vincere qualcosa grazie a chi sta lanciando i dadi, che dovrà smettere quando esce il sette.

Ci sono prove che dire “sette” faccia uscire il sette? Ovviamente no, ma è una specie di superstizione nel craps e i giocatori ci credono, quindi gli altri giocatori devono seguire le credenze dei giocatori abituali, che potrebbero arrabbiarsi se le cose non vanno come dicono loro.

Il craps ha altre regole non scritte, quasi tutte legate ad altre superstizioni.

Come il non lasciare le mani sul tavolo. Se i dadi colpiscono una o entrambe le vostre mani o le vostre braccia, uscirà il sette. Ma è davvero così? No, il sette esce di media sei volte ogni 36 lanci.

Per chi conosce come vincere al casinò, nel lancio bisogna colpire il bordo con entrambi i dadi. Che succede se una volta non lo fate? Niente. Se non lo fate due volte? Probabilmente il croupier o il responsabile vi diranno che dovete colpire il bordo. Se succede una terza volta probabilmente vi rimprovereranno di nuovo.

Evviva, il sette è un nostro amico
Il craps può essere un gioco molto confusionario, soprattutto quando chi gioca dal “lato giusto” vince perchè chi lancia il dado sta facendo uscire un sacco di numeri. Un qualcosa che fa incassare molti soldi a quasi tutti i giocatori di craps.

Tranne che a quelli che giocano dal “lato oscuro craps”, quelli che sperano che non escano i numeri ma che invece il tanto temuto sette faccia vedere le sue brutte facce, facendo così finire il turno di chi lancia.

Ma è raro che chi gioca dal lato oscuro festeggi al tavolo quando appare il sette che tanto aspettava. Perchè di solito ci sarà un solo o massimo due giocatori di questo tipo al tavolo. Quelli che giocano dal lato oscuro non sono tantissimi.

Al tavolo da craps ci sono molte più esultanze che in qualsiasi altro tavolo al casinò. Tranne che nella incredibile storia che segue nel prossimo paragrafo…

I giocatori del lato oscuro che festeggiano
Il tavolo da craps aveva tre aperture su un lato, con spazio per una dozzina di persone, sei da un lato e sei da un altro. Quattro tizi si sono fatti largo verso il tavolo e uno dei giocatori già presenti ha immediatamente lasciato il tavolo (probabilmente perchè l’hanno spinto via, in modo che potessero giocare tutti e quattro).

Parliamo di un giorno di metà settimana, in un grande casinò di Atlantic City a metà degli anni novanta. Questo casinò aveva un sacco di clienti che arrivavano in pullman ed era sicuramente un primo pomeriggio di metà settimana.

Quei quattro hanno preso le fiches e hanno fatto tutti quanti una puntata “don’t”, una puntata del lato oscuro che va contro i numeri quando chi lancia prende i dadi. Questi signori in quel preciso momento non stavano tifando per il sette, perchè nel lancio di come-out per loro sarebbe stato un numero perdente.

Ma dopo il lancio di come-out, hanno cominciato e non hanno più smesso.

Il punto del giocatore che lanciava era un quattro. Doveva fare quattro affinché chi giocava dal lato giusto vincesse. Se avesse fatto uscire un sette, avrebbero vinto quelli che giocavano dal lato oscuro.

Questi matti da legare, forse, erano comparse dell’ultima stagione dei Soprano, avevano tutti capelli ingelatinati, pettinati all’indietro e fumavano tutti una sigaretta. Il tizio più grande dei quattro ha cominciato a urlare “facci vedere un sette, Mark!”.

Mark era il lanciatore, che penso non si chiamasse assolutamente Mark, e che ha ignorato le urla dell’energumeno. “Sette, Mark! Sette! Ho detto seeeeeeeette!”

Mark ha fatto sette, e il gruppetto Soprano ha festeggiato. “A chi tocca?”, ha chiesto il più magro dei quattro.

“Michelle? Ma che nome è?”. Gli altri tre hanno riso di gusto a quella battuta.

Michelle ha fatto uscire un sette e chi ha puntato sulla linea del pass ha vinto la sua puntata sul come-out. “Adesso basta”, ha detto uno dei tizi mettendo sul tavolo un’altra puntata don’t pass. “Siamo qui per fare soldi”.

“Fai uscire un numero, Campione”, ha detto lo stesso tizio.

Il lanciatore ha fatto uscire un numero, il sei, ma subito dopo ha fatto uscire un sette.

I quattro tizi hanno esultato, si sono dati il cinque e hanno festeggiato. Stavano davvero accumulando delle vincite.

“Il sette è nostro amico, il sette è nostro amico”, cantavano. Fumavano e cantavano, fumavano e cantavano. Un paio di giocatori hanno lasciato il tavolo. “Il sette è nostro amico!”.

Il responsabile è arrivato. I tavoli da craps del casinò erano affollati, ma questo tavolo continuava a perdere giocatori mentre il responsabile era lì a guardare. Su un lato del tavolo c’erano i quattro tipi, mentre dall’altro lato c’era solo un giocatore. I quattro facevano confusione, fumavano le loro sigarette e cantavano il loro stupido ritornello sul sette.

“E tu amico?”, mi ha detto uno dei tizi. “Io non so giocare”, ho risposto mentendo.

“C’è qualcuno in questo posto. che sa giocare a questo gioco molto semplice?”, ha urlato il tizio più grosso, con il fumo che gli usciva dalle narici. “E tu invece, lì da una parte?”, ha chiesto all’ultimo giocatore rimasto dall’altro lato del tavolo.

Quel giocatore ha preso le sue fiches e se n’è andato. Erano rimasti solo loro quattro. E ovviamente c’ero io, che stavo lì a guardare.

Nessuno si avvicinava al tavolo e dopo poco tempo anche i tizi se ne sono andati. “Questo casinò fa schifo”, ha detto il tizio più grande.

Quando se ne sono andati, il tavolo si è rapidamente riempito di nuovo. E ho giocato, finalmente, anche io.

Vi auguro il meglio, dentro e fuori dai casinò!

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