La gente ha una tendenza a catalogare le altre persone e le cose, differenziando tra grande e non troppo. È un qualcosa che deve far parte della nostra struttura emotiva, che ci porta, al giorno d’oggi, a definire tutto e tutti.

Si parla di boxe? Mohammed Ali contro Joe Louis, chi vince? Ali contro Marciano? Ali contro chiunque? Ali contro Tyson, ma Tyson da giovane? A volte questi dibattiti possono diventare, beh, spiacevoli. E, anche se io difficilmente vi prendo parte, sono certamente a conoscenza del fatto che esistono.

Qual è il più grande edificio del mondo? Il più alto? Il più largo? Il più bello? Le piramidi sono più affascinanti del Taj Mahal indiano? A Manuas, quale struttura ha il design migliore di tutta le foresta amazzonica?

Abbiamo già parlato dei divi del casinò, e anche il mondo dei giochi di casinò ha i suoi grandi e io ne ho incontrati alcuni. Anzi, alcuni di loro mi hanno aiutato e addirittura uno di loro è il mio mentore.

Ken Uston contro tutti? Paul Kean? La sola e unica donna, nota come “Braccio”? Il Capitano stesso?

E il poker? Chi è stato il più grande giocatore di poker? Chi ha vinto più soldi alla roulette? Vorrei avere le risposte a tutte queste domande. Non ce l’ho, ma ho la risposta ad alcune di queste domande.

Eccole qui.

Il miglior giocatore che controlla i dadi di tutti i tempi?
Sì, alcuni giocatori, attraverso l’allenamento o un talento innato, sono, almeno secondo le leggende del casinò, in grado di controllare come atterrano i dadi nel craps e riescono ad avere lanci vincenti con costanza.

La leggenda de “Il Braccio” ai dadi
In cima ci mettere “il Braccio”. Non ho mai visto, prima o dopo di lei, qualcuno in grado di controllare i dadi e battere i record del casinò come faceva lei. E, pensate un po’, non era una giocatrice d’azzardo!

Era parte della ciurma del Capitano, composta da circa 22 giocatori, che frequentava Atlantic City negli anni Settanta, Ottanta e i primi anni Novanta.

Il Capitano le chiedeva di lanciare i dadi, faceva una puntata sulla linea del pass per lei e questo è tutto. Dopodiché, il Braccio iniziava a lanciare. Non era perfetta, non c’è lanciatore che lo sia, ma il suo senso del gioco era più che incredibile.

C’erano notti in cui la ciurma del Capitano stava perdendo, poi arrivava il Braccio a salvare tutti. E succedeva spesso.

Quando entrava in sala, gli altri giocatori si aprivano davanti a lei e la facevano passare, come Mosè che divide il Mar Rosso. Si aspettavano un miracolo da chi, si diceva, sapeva controllare i dadi e spesso lo ottenevano.

Il suo lancio nel craps era unico, non sono mai stato in grado di replicarlo e vi giuro che ci ho provato. Nessun altro che ho incontrato ci è mai riuscito, credo che fosse integrato nel suo corpo. Certamente non nel mio o in quello di nessun altro.

Non so neanche come sistemasse i dadi, quando l’ho conosciuta ero così in soggezione che non lo ho mai chiesto nullo. Anzi, ero sempre in soggezione, forse è stata una cosa un po’ stupida, ma cosa potete farci? Sarebbe stato presuntuoso fare domande, non si fanno domande a una dea.

Quanti anni aveva quando l’ho conosciuta? Probabilmente una settantina.

Credo che il glorioso Capitano e la sua ciurma stiano giocando a craps nell’aldilà. E con l’oro c’è il Braccio, una lanciatrice come nessun altro.

Per un periodo ha detenuto il record mondiale per la serie di lanci più lunga, quasi 150 di fila.

Il Capitano ed i suoi lanci ai craps
Il Capitano ha avuto un effetto profondissimo su di me. Mi ha insegnato tutto quello che so sul gioco d’azzardo al casinò.

Anche se era un giocatore di craps, aveva una grandissima capacità di capire la psiche del tipico giocatore. E me lo ha insegnato, spiegandomi anche come evitare la trappole tipiche del gioco d’azzardo.

Mi ha insegnato come gestire il mio budget casinò e come assicurarmi di avere abbastanza fondi da riuscire a sopravvivere ai momenti di difficoltà durante il gioco.

Il Capitano aveva capito che la maggior parte dei giocatori spesso non ha idea di quali vantaggi del banco si ritrova ad affrontare e quello che questi vantaggi significano per i loro soldi.

Il suo credo era semplice: i giocatori pensano di poter vincere, ma contano sulla fortuna e sulla fortuna non ci si può contare. Lo vedo tutto il tempo, qualcuno ha avuto fortuna, ma non è mai durata troppo, poi la fortuna è finita e questi giocatori hanno quasi sempre perso.

Eppure quando tenevo corsi sul controllo dei dati ero prima deluso e poi furioso con i giocatori che continuavano a scommettere in maniera stupida dopo aver preso parte alle lezioni. Gli avevo detto che quelle puntate li avrebbero fatti perdere, eppure continuavano a farle.

E tra l’altro (che ci crediate o no) alcuni degli altri insegnanti li incoraggiavano a fare quelle puntate. Ho smesso di insegnare questo argomento quando mi sono reso conto che nulla di quello che insegnavo raggiungeva davvero chi doveva imparare.

Stavo sprecando il mio tempo. Questi giocatori erano amanti del gioco d’azzardo. Potevano degli studenti imparare davvero a controllare i dadi? Certo che potevano, se avessero lasciato stare l’idea (tipica dei giocatori d’azzardo) di poter battere dei vantaggi del banco assurdi.

Una cosa molto interessante è che il Capitano non cercava mai di imporre le sue idee a qualcuno. Alcuni dei membri della sua ciurma erano dei giocatori selvaggi, ma il Capitano diceva che era una loro scelta. Alcuni della sua ciurma giocavano addirittura alle slot machine!

Ma il Capitano non ha mai abbandonato il suo metodo di gioco e il suo metodo di lancio. Ha influenzato Jimmy P, che è diventato un ottimo lanciatore quando è riuscito a tenere a bada il suo giocatore d’azzardo interiore. E poi c’era il Braccio, c’ero io e qualcun altro.

Direi senza pensarci troppo che il Capitano è stato il più grande giocatore che io abbia mai conosciuto. Se n’è andato da parecchio, così come tutti i membri della sua ciurma. Ma se c’è un aldilà, stanno tutti aspettando che arrivi il Braccio a tirarli fuori dai guai. Bei tempi, davvero!

Jerry “Stickman”
Quando era al tavolo, Jerry si toglieva l’apparecchio acustico (anzi, entrambi), e il rumore intorno spariva, lasciando silenzio e quiete. E poi lanciava i dadi.

Jerry era (ed è ancora) un grande lanciatore. Faceva solo le migliori puntate e non ha mai fatto troppa mostra di sé né si è mai vantato. Era un professionista perfetto. Non se ne incontrano molti come lui.

Ed è anche alto un metro e novanta, nonché molto magro e con le braccia lunghe: un corpo fatto per controllare i dadi. Quando si piegava sul tavolo, il suo braccio aveva una portata più lunga del vero stickman!

L’ho incontrato quando davo lezioni di controllo dei dadi e anche lui se n’è andato subito dopo che me ne sono andato io. Siamo diventati grandi amici e per molti anni ci siamo incontrati ad Atlantic City a giocare a craps. Ora i nostri interessi sono diventati molto più vari.

Ho perso molto interesse nel battere i giochi di casinò, ma mi godo ancora i casinò e quindi io, mia moglie, la Bellissima AP, e Stickman continuiamo a viaggiare insieme (e qui mi permetto di aggiungere il saluto pieno d’affetto di tutto questo fortunato blog, alla moglie di Stickman, che è venuta a mancare).

La mia vita con il blackjack
La miglior partita di blackjack che io abbia mai giocato è stata al Maxim Hotel and Casino di Las Vegas all’inizio degli anni Novanta.

Da un singolo mazzo venivano date tutte le carte tranne una e quando le carte finivano il mazziere prendeva le carte che erano già state giocate, mescolava e poi le dava.

La partita aveva le migliori regole possibili: era possibile la resa, si poteva effettuare un raddoppio blackjack con qualsiasi due carte iniziali, si potevano splittare le coppie e raddoppiare dopo aver splittato.

Persino un giocatore che usava la strategia di base aveva un vantaggio in questa partita e io e mia moglie avevamo un vantaggio enorme. All’epoca eravamo semplici giocatori da 5 euro, stavamo giusto imparando a contare le carte. Siamo letteralmente inciampati in questa partita, visto che alloggiavamo in quell’hotel.

Dovevamo rimanere a Las Vegas una sola settimana, ma con questa partita siamo rimasti otto settimane, giocando due mani a testa e per circa otto ore al gioco. E se facevamo blackjack puntando 5 euro ricevevamo anche un gettone che poteva essere usato ovunque nel casinò, compreso il ristorante gourmet.

Inoltre, di notte mi allenavo a controllare i dadi. E questa partita ha portato alla mia attenzione Paul Kean.

Paul Kean il più forte al blackjack
Sono andato al Gambler’s Book Club e ho chiesto al direttore Schwartz se conosceva qualcuno che potesse insegnarmi qualche trucchetto da utilizzare durante quella magnifica serata. Mi ha presentato un tizio che lavorava nella libreria, Paul Kean.

“Lui è il miglior giocatore di blackjack del mondo”, mi ha detto Howard.
E quindi perchè lavorava in una libreria? Come può essere il migliore al mondo?

Ecco la sua storia, rivista, senza essere romanzata, e descritta il più semplicemente possibile, come, appunto, da specifico desiderio di Paul. Ha imparato a contare le carte negli anni Settanta e all’epoca ha addirittura insegnato a farlo a Ken Uston, l’appariscente “Re del Blackjack”.

Lavorava alla libreria perchè tutti i casinò di Las Vegas l’avevano bandito o gli avevano dato l’opzione di giocare al massimo 15 euro su una mano.
Gli ho detto di quella partita e l’ho invitato a cena con mia moglie. Sapeva giocare e non ha detto, naturalmente, di no a una cena gratis.

“Posso mostrarsi un metodo che quasi nessuno conosce”, mi ha detto. “Si chiama end play”.

Si parla di un periodo in cui alcuni casinò di Las Vegas offrivano questo tipo di partita a blackjack e l’end play era il metodo che i giocatori più saggi usavano quando le carte stavano per essere mescolate di nuovo.

Qual era il conteggio in quel momento? Il giocatore aveva un vantaggio? Come mantenere il vantaggio se le carte venivano prese dal vassoio di quelle scartate, mescolate e giocate di nuovo? Come bisognava puntare?

Siamo andati nella nostra stanza e Paul ci ha fatto una lezione molto dettagliata sull’end play. Paul ha accettato gli altri inviti a cena e abbiamo lavorato assieme sia sull’end play che su altri aspetti del blackjack. L’end play alla fine era molto semplice in realtà.

E gli altri particolari su come vincere al casinò? Come si dice a Brooklyn (dove sono cresciuto), lasciamo stare. Non sono riuscito a capirne neanche una. Seguire gruppi di carte nel contenitore? Non ci sono riuscito. Tagliare le carte per far uscire subito gli assi? Come, scusa? Non ero Ken Uston, ma non serviva che lo fossi.

Avevo da poco divorziato dalla mia prima moglie, non avevo un soldo e avevo 40mila dollari di debiti.

Come avrei potuto riprendermi? La Bellissima AP mi ha detto questo un giorno in cui eravamo seduti sulla spiaggia di Cape May in New Jersey: “Diventerai uno scrittore famoso e non dovrai più preoccuparti dei soldi”.

Aveva ragione. Io e la Bellissima AP eravamo giocatori da 5 euro quando abbiamo iniziato con il blackjack. Le nostre puntate andavano da 5 euro a magari 25 con conteggi alti.

Ma quando abbiamo lasciato il Maxim puntavamo centinaia di bigliettoni e quando i conteggi erano alti passavamo alle migliaia. E al casinò andava anche bene, ricordatevi che giocavamo quattro mani! E avevamo la cena gratis ogni sera grazie ai tanti blackjack fatti!

Quando ci stavamo preparando ad andarcene e a tornare a insegnare, uno dei dirigenti mi ha detto: “Frank, come puoi lasciare questa partita?”. Pensavo che mi avrebbe fatto arrestare. “Io, beh, non ho perso molto…”.

“Frank, Frank, come puoi lasciare questa partita? La chiuderemo presto”. E allora ho capito cosa avevamo fatto durante quelle settimane al Maxim.
“Mi mancano i miei figli”, gli ho detto in tutta onestà. “E devo tornare a insegnare”.

“Salutami Paul se lo vedi”, mi ha risposto.
“Certo”, gli ho detto. Ma non ho mai più visto Paul Kean.

È triste che io non sappia che fine ha fatto Paul, ma so bene come si usa l’End Play nel blackjack. L’unica volta che l’ho potuto usare al casinò è stato al Maxim. Ma quella partita e poi l’aver incontrato il Capitano sono le due situazioni che mi hanno messo sulla strada per arrivare a dove sono ora.

Mi piace la mia vita. E mia moglie, la Bellissima AP, aveva ragione sulla mia futura carriera da scrittore. È bello avere una moglie intelligente che ti ama in maniera incondizionata.
…e i miei figli? Ora vanno per i 50 anni, è difficile crederci. E non conosceranno mai alcuni dei grandissimi che ho conosciuto e da cui ho imparato tanto.

Vi auguro il meglio, dentro e fuori dai casinò!

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